PERDERSI IN BARAGGIA

di Roberto Mazzetta

 

Ogni tanto è bello uscire dalla quotidianeità, lasciandosi andare guidati solo dall'istinto e dalla curiosità di vedere cosa c'è un po' più in là. E' proprio ciò che si vuole offrire con questa gita in MTB.
La meta è la brughiera, o meglio, la Baraggia di Ghemme, una vasta zona miracolosamente scampata alla cultura intensiva e alla speculazione. Terra povera, poco adatta alle coltivazioni redditizie, è caratterizzata da vasti e bei boschi di roverelle, ampie radure con erba alta (molinia cerulea) dalla colorazione gialla che dona all'ambiente un che di esotico: un tocco africano, di savana dove l'apparire di gazzelle o zebre non sarebbe così inopportuno. Nella realtà, gli animali che si potrebbero incontrare, sono timidissime lepri, elusivi cinghiali, scoiattoli, volpi e qualche mustelide; ma è meglio non farsi troppe illusioni, gli avvistamenti sono rari e occasionali sebbene la zona sia in buona parte inserita nel sistema della Riserva Naturale Orientate delle Baragge istituita dalla Regione Piemonte con L.R. n.3 14/1/92. Un sistema articolato che comprende altre aree simili presso Candelo, Rovasenda, Lenta e, appunto, Ghemme, la più estesa che si spinge fino a lambire la zona del Monte Fenera a nord.
Gli appassionati di bird watching non faticheranno ad individuare la cicogna bianca, il lodolaio, il gruccione, il biancone e molti altri volatili tipici delle zone boschive, delle brughiere o delle zone umide.
La presente proposta, tuttavia, vorrebbe avere un taglio più sportivo.
Chi proviene da Novara, dalla statale della Valsesia, all'altezza della circonvallazione di Ghemme, imboccherà la provinciale per Cavaglio. La strada, sinuosa, con una serie di sali e scendi, giungerà al terrazzo morenico e, in prossimità della grande discarica facilmente individuabile per l'olezzo e i numerosi gabbiani, si lascerà l'automezzo per la MTB. Una stradina sterrata punta senza esitazioni verso nord lasciandosi alle spalle la collina di rifiuti male odoranti. Quì inizia l'avventura.
Si segue la strada che successivamente si dividerà in altri tratturi. Seguiremo quello che più ci ispira cercando di tenere sempre la direzione nord verso le montagne. Prima o poi apparirà davanti a noi l'autostrada A26. Una serie di ponti o sottopassi ci permetteranno il superamento di questa importante ma ingombrante arteria. Subito dopo si dovrà fare attenzione all'attraversamento della linea ferroviaria. Poi ancora verso nord tra boschi, vigne, prati e brughiera. Qualche salitella, discese brevi e pezzi in piano, stradelli che sembrano promettere bene ma che di colpo si interrompono in un campo. Dietro front! Si tenta con un altro tratturo e poi un altro ancora ma senza ansia o timore. Certamente si incapperà in una strada più importante fino a che eccoci su asfalto. Una provinciale: dove andare? Affidarsi all'istinto o chiedere informazioni a qualcuno? Utilizzare un GPS o utilizzare una carta topografica? Tutto può andare bene, l'essere tecnologici o prosaici. Alla macchina si riuscirà comunque a tornare, ora si punterà a sud e sarà più divertente cercare altre strade diverse da quelle dell'andata. Una alternativa drastica è offerta dall'imboccare la provinciale o la statale e, seguendo le indicazioni per Ghemme, facendo molta attenzione al traffico veicolare, tornare al punto di partenza.
Perdersi, tuttavia, è proprio difficile: l'area è compresa tra la S.S. 299 della Valsesia, la S.S. 142 Romagnano-Arona e la S.P. 21 Borgomanero-Barengo; un grosso quadrato di circa 7 chilometri di lato. Prima o poi se ne esce. Il bello è pedalare in scioltezza lasciandoci rapire dal paesaggio, dai suoni del bosco e dal rullare dei copertoni artigliati sullo sterrato. E' opportuno portarsi uno zainetto con il pranzo, una giacca a vento e il necessario per riparare o sostituire la camera d'aria in caso di foratura. E' bene dedicare una intera giornata all'esplorazione della zona proprio per poter prendersi il lusso di sbagliare strada.
Se si desiderasse incrementare il senso dell'avventura, il consiglio è di inoltrarsi in Baraggia in inverno durante una gelata: le pozzanghere ghiacciate e il terreno duro rendono la progressione decisamente selettiva e metteranno a dura prova il senso di equilibrio. Altro tipo di emozione è garantita dall'arrivo del disgelo. Il ghiaccio diventa sottile ed è come pedalare su lastre di vetro la cui tenuta è assolutamente aleatoria. Le pedalate sono accompagnate da borbottii e suoni cupi del ghiaccio che si crepa. Si sguazza nel fango alzando schizzi e spruzzi per la gioia dei mountainbiker ; a chi preferisse una situazione più tranquilla si suggerisce di frequentare la Baraggia non dopo piogge intense, meglio la polvere del fango.
Considerando un'intera giornata passata a gironzolare tra le stradine e i tratturi, si possono percorrere senza troppa fatica tra i 25 e i 30 chilometri. Come detto , la zona non presenta forti pendenze e, comunque, le salite sono sempre brevi e mai impegnative; il traffico veicolare è scarso salvo qualche mezzo agricolo e rare automobili, il solo pericolo è rappresentato da screanzati che scorrazzano in moto senza criterio ai quali bisogna porre molta attenzione onde evitare sconvenienti incontri troppo ravvicinati.
Buona pedalata e nessun timore di perdersi, prima o poi una via d'uscita la si troverà.